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Guerra e Transizione ecologica

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Guerra e transizione ecologica. Due mondi che sembrerebbero distanti se di mezzo non ci fosse più grande esportatore di gas al mondo, la Russia.

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Impatto della guerra sull’inquinamento

Gli elevati costi dell’energia proveniente da Mosca negli ultimi mesi hanno causato la scorsa ai ripari di diversi Paesi europei.  Sia procede in direzione di nuovi fornitori internazionali sia di gas che di carbone: una fonte da dismettere nel prossimo futuro per raggiungere gli obiettivi climatici al 2050 e che invece oggi riapre le porte di alcune centrali. Ad esempio nel dibattito in Italia e in maniera già effettiva da mesi in Germania. Le recenti interruzione delle fonti forniture di gas dalla Russia a Polonia e Bulgaria hanno di nuovo reso evidente l’ovvio. L’Unione Europea importa il 90% del gas che consuma di cui oltre il 40% proviene dalla Russia. Da Mosca arrivano anche il 27% delle importazioni di petrolio e il 46% delle importazioni carbone. Una rapida transizione ecologica verso le rinnovabili sarebbe non solo auspicabile ma necessaria
Soluzione Rinnovabili e Fuga da Mosca
Per affrancarsi da Mosca, l’Europa avrebbe bisogno di circa 70 giga watt di impianti aggiuntivi, tra eolico e solare in 10 anni. Il che significherebbe 7 giga watt di nuova capacità annua contro gli 0,8 installati ad esempio nel 2020.

Le Ragioni della Guerra
Aldilà delle dichiarazioni di facciata, da che mondo è mondo le radici dei conflitti hanno ragioni economiche. Non fa eccezione il conflitto 2021 con l’invasione delle truppe Russe in Ucraina. Nel Donbass ci sono oltre 200 miniere di carbone, la più grande acciaieria d’Europa (ormai completamente

rasa al suolo) e abbondanti altre risorse naturali. Si tratta di una regione economicamente strategica e già duramente provata da anni di conflitti che nel tempo hanno distrutto oltre 500 mila ettari di ecosistemi tra cui 18 riserve naturali, e 150 mila ettari di foreste. La catastrofe ambientale della regione perdura dal 2014, quando l’annessione della Crimea da parte della Russia ha scatenato i primi conflitti nella regione.

Conflitti 2021 e ambiente
Inflazione e guerra spingono da una parte verso l’accelerazione ecologica e dall’altra verso strategie di breve termine, non sempre eco-compatibili. Ci sono poi gli enormi costi ecologici e il conflitto difficilmente quantificabili, determinati dall’uso di mezzi pesanti a terra e in aria, lo spostamento di truppe militari e soprattutto l’utilizzo di armamenti e bombe di ogni tipo.

Non esistono stime ufficiali, ma si calcola che il 5% della CO2 globale derivi da questi fattori, quindi da guerre ed esercitazioni militari in giro per il mondo. Le emissioni militari non sono contemplate dal protocollo di Kyoto e dagli accordi di Parigi del 2015 e tuttora sono lasciate fuori dai negoziati delle conferenze sul clima. Insomma nessun controllo sull’inquinamento dell’industria bellica. Inoltre l’Ucraina ha 15 reattori nucleari e secondo il ministero dell’ecologia di Kiev, almeno 4000 ulteriori siti pericolosi per l’ambiente, tra aziende metallurgiche, siti di stoccaggio e impianti chimici. È probabile che molti di questi abbiano già subito danni e contaminato le falde acquifere. Non esistono oggi calcolo dell’impatto ambientale generato oltre al disastro unitario e decisi e civile in atto in Ucraina.

Tuttavia è probabile che i danni siano destinati a durare per parecchio tempo oltre il conflitto tra Russia e Ucraina.